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“Verso la bellezza. Forme in cammino” è un raffinato catalogo d’arte dove la supremazia del visibile si incrina all’umano sentire. Il pregiato volume ricco di testi e immagini consente al lettore/spettatore di immergersi nella produzione artistica di Giuseppe Tornese. Il libro a cura di Giovanni Paladini è impreziosito dai commenti di artisti, critici, esperti del settore che così scrivono dell’artista:

Luigi De Luca

“Il percorso artistico di Giuseppe Tornese si snoda in un arco temporale che ne impegna totalmente la vita – di allievo, maestro e uomo – alimentandosi di una progettualità coerente e insieme articolata”.

Mario De Marco

“Un leggero velo di tristezza, quasi di malinconia, connota le figure di Giuseppe Tornese, un artista assai sensibile, vibratile, che nella passata produzione ha rappresentato gli “ultimi”, gli emarginati del terzo mondo, le vittime innocenti della guerra. Egli, che è un uomo pacifico, anela una umanità diversa, libera dalle brutture, triste eredità della stirpe di Caino”.

Pietro Liaci

“Il gusto dello scultore oscilla dunque tra una figurazione dal timbro realistico, i cui moti dell’animo sembrano pronti ad esprimere una condizione umana semplice, segnata dalla fatica, quindi amareggiata dalle sofferenze terrene, ed una esegesi del reale più indipendente ed emancipata, interamente affidata all’emozionalità del segno materico con il quale interrompe la continuità delle linee di contorno”.

Michele Paone

“Se la tela non è spessa, ruvida e crespa come un foglio di carta vetro, per Tornese è materia insignificante e indomabile”.

Giuseppe Vese

“Tornese, oltre ad essere pittore, è innanzitutto scultore, per cui nelle figure si sente la forza del segno vibrare di armonia unitaria, con accenti anatomici ritmati col gusto di chi sa tanto trasformare la materia nella forma voluta”.

Il testo risulta essere una sorta di collage policromo che ha in sé l’etica dell’arte. Un’arte pregna di una forte carica visionaria. Un’arte che è sperdimento e vertigine. Un’arte intesa come acceleratore di verità.

La profondità di sguardo che Giuseppe Tornese ha dimostrato di avere per osservare la complessità dell’esistenza emerge anche nella ricostruzione dei cenni biografici di un artista che dopo gli anni di formazione all’Accademia di Belle Arti a Firenze, torna a Lecce dove lavora come insegnante. La produzione artistica continua prolifica coeva a questo periodo e a quello successivo tant’è che Giuseppe Tornese desidera compiere un viaggio oltreoceano. L’artista salentino raggiunge così l’America dove ha modo di apprendere nuove tecniche e conoscere l’uso di molteplici materiali. Al rientro dall’esperienza formativa, Tornese si stabilisce a Cavallino (Lecce) dove vive tuttora con la sua famiglia. Il ritorno diviene un nuovo inizio per una fase di produzione artistica ancora oggi inarrestabile.

È un viaggio senza meta quello di Tornese che con ispirazione e sagacia si addentra nel cuore pulsante dell’arte dando vita a volti parlanti e corpi comunicanti. È un universo abitato da personaggi trasportati nei meandri di una realtà alternativa dove tutto sembra essere basato su una logica metaforizzante.

Sono opere vive quelle nate dalla maestria di Tornese, creazioni che popolano un mondo pullulante di meraviglia: “Una bellezza” scrive Giovanni Paladini nell’introduzione “che invita a guardare un orizzonte di ideali per i quali vale la pena spendere energie”.

Provoca uno stupore dello sguardo la successione delle immagini ritraenti bassorilevi, sculture, disegni, dipinti ed è un susseguirsi che rivela la cura dettagliata, la dedizione penetrante, l’oscura tormentosa dolce potenza dell’atto creativo di Giuseppe Tornese.

Come sospese in un’aria ingravidante, le opere appaiono immerse dentro le misure del silenzio, un silenzio esclamativo. Sono figure colte in una composta attesa di qualcosa a noi sconosciuta ma che osservarle ci lascia in un ozio salutare di contemplante.

I commenti vergati dai critici appaiono come tentativi (riusciti) per avventurarsi nel mistero della potenza del creare, consapevoli che alla base c’è una forza tale da ammettere di credere anche in ciò che non si vede.

Il dinamismo visivo e narrativo è una peculiarità del volume non privo di un ritmo che delizia la vista e sazia l’intelletto. L’alchimia tra il rigore semantico del curatore Paladini e l’acribia artistica di Tornese fa emergere la poeticità morale di un viaggio che è sì verso la bellezza ma è soprattutto volano per svelare l’enigma della vita.

Il catalogo, ampio e agile, si conclude con un capitolo colmo di umana pietà. Si tratta di pagine riservate alle foto dei bassorilievi ritraenti le tappe della Via Crucis. Le formelle affisse nella Chiesa Madre di Cavallino sono state donate da Giuseppe Tornese alla Parrocchia Maria S.S. Assunta. Le quattordici stazioni sono accompagnate dalla descrizione minuziosa di Luigi De Luca che sottolinea come “Lo scultore non indulge alla spettacolarizzazione orrifica delle torture cui la contemporaneità ci ha abituati, rinuncia anzi, agli effetti parossistici, nell’affinamento e nell’interiorizzazione del racconto evangelico”.

Al termine del viaggio il lettore/spettatore avrà l’impressione di destarsi da un commovente smarrimento riscoprendosi un visionario errabondo in cammino verso la bellezza.

 

 

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