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“La cosa più importante di una vita è imparare a respirare. Parole e respiro sono a volte due cose diverse. Little Boy è un lungo respiro. Come una vita intera” dice all’ANSA Lawrence Ferlinghetti, di origini italo-americane, padre della Beat Generation, testimone della rivoluzione hippy, fondatore a San Francisco della libreria e casa editrice City Lights che pubblicò i primi lavori di Jack Kerouac, Allen Ginsberg e molti altri.

L’intervista rilasciata in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro ‘Little Boy’ scritto a cento anni compiuti il 24 marzo scorso, è un’ulteriore testimonianza della straordinaria personalità di Ferlinghetti.

Definito visionario e poetico giunto in Italia grazie alle Edizioni Clichy, il testo tradotto dalla sua fedele collaboratrice Giada Diano può essere definito un memoir, un’autobiografia, un autoritratto in prosa o più semplicemente il racconto di un poeta perennemente in viaggio in grado di vivere per sempre nella giovinezza.

Lawrence Ferlinghetti in “Little Boy” si racconta in un flusso di coscienza trascinante e senza punteggiatura. È una narrazione geniale e anarchica dove i canoni sono sovvertiti e si rivela in grado di trascinare il lettore in quello che è avvenuto: le incomprensioni familiari, l’affido alla zia di lui ragazzino portato in Francia, il ritorno in America e l’adozione in una famiglia che gli consentì di studiare giornalismo, poi lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’arruolamento tra le file dello Zio Sam.

Non mancano i vagabondaggi, la solidarietà con i diversi, le lotte verso la censura, il consumismo, la civiltà industriale insieme ai moniti contro la stupidità ottusa del potere.

Sono pagine dove si compiono salti nel tempo e nello spazio, tra digressioni e divagazioni, in una lirica appassionata compaiono molteplici riferimenti a Fidel Castro, Ezra Pound, William Burroughs ma anche l’Italia delle radici familiari, la Spagna franchista, Parigi, i motel delle lunghe strade americane, le bettole nei suq di Marrakech, le notti a Città del Messico ma contengono soprattutto l’immensa conoscenza e sensibilità dell’autore.

Al termine di questo lungo monologo, Ferlinghetti saluta i lettori del paese d’origine e scrive: “Sono felice che Little Boy sia riuscito ad arrivare in Italia. Credo che Little Boy sia universale. Ci sono Little Boy ovunque nel mondo e Little Boy può essere di qualunque nazionalità”.

Quest’ultimo romanzo di Lawrence Ferlinghetti è un libro senza tempo, destinato a rimanere nella storia.

 

 

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