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Con “La danza dei veleni. Il ritorno di Blanca”, Patrizia Rinaldi ci racconta le nuove avventure della detective che già nei libri precedenti aveva affascinato i lettori. Pubblicato dalle Edizioni e/o nella collana “Dal Mondo”, il testo che è molto di più di un noir né un semplice giallo e non può neppure soltanto classificarsi nella letteratura poliziesca è ambientato a Napoli, Pozzuoli e i Campi Flegrei.

L’indagine ben costruita vede la detective ipovedente, Blanca Occhiuzzi, districarsi abilmente insieme ai suoi colleghi, il commissario Martusciello, l’agente scelto Carità, Liguori e Micheli, risolvere due casi che solo apparentemente sembrano scollegati tra loro.

Il traffico di animali illegali provenienti dall’estero organizzato da Gian Paolo Amedei, un tossico disposto a tutto, trascinato in una catena di ricatti con il veterinario privo di scrupoli, Filippo Martinelli, e la morte di una donna, Giordana Speranza, forse avvenuta a causa del morso letale di un raro ragno fanno emergere una serie di indizi sui quali occorrerà lavorare con astuzia.

Le vicende private dei personaggi però fanno erigere dei muri tra loro e ciascuno prova a farsi strada da sé per poi accorgersi di non riuscire a districarsi senza l’aiuto e la collaborazione dell’intero gruppo. Una simile anarchia infatti non può produrre benefici a nessuno.

Blanca, libera, intuitiva, tenace e dallo spirito selvatico e ribelle, si dibatte nei suoi sentimenti per Liguori ma cerca un riparo nell’amore dichiarato da Micheli pur non ricambiandolo.

“Mi prenoto per la tua prossima vita. Quando torneremo sulla terra vivrò in un posto del genere con te. Non avrò troppe case diverse e tutte quelle città; non avremo inchieste, ma alberi. Ci divideremo solitudine e giorni, non sarà più tutto così difficile. C’è un albero femmina là in fondo che ti somiglia. Ha un modo di muoversi nel vento che pare il tuo. Blanca, lo so che in questa vita tu non mi vuoi come ti voglio io, ma non farò più l’idiozia di andarmene. E non per generosità, ma perché per me non cambia niente”.

Dice Luigi Micheli in grado di guardare a fondo nel cuore di Blanca.

La protagonista oltre ad avere queste interessanti qualità emerge per la straordinaria capacità nel rendere il suo handicap una possibilità di riscatto. Blanca infatti non vede ma percepisce suoni, profumi e presenze di persone. Da ragazza, in un incidente domestico, ha perso la vista e la sorella amata.

“La mia Blanca è l’esatto contrario di un super-eroe: ha qualcosa in meno, la vista, e non ha nessun potere speciale. Eppure è proprio il suo limite che diventa risorsa. Racconto di una fragilità che sa organizzarsi in forza, nel desiderio di comprendere la realtà con gli altri sensi, che si acuiscono in un conato di impegno e di volontà” afferma Patrizia Rinaldi, laureata in Filosofia, specializzata in scrittura teatrale e curatrice dei progetti letterari presso l’Istituto penale minorile di Nisida. Vincitrice nel 2016 del Premio Andersen Miglior Scrittore, la Rinaldi ha scritto La compagnia dei soli, illustrato da Marco Paci, (Sinnos 2017), vincitore del Premio Andersen Miglior Fumetto 2017; Un grande spettacolo (Lapis 2017); Federico il pazzo, vincitore del premio Leggimi Forte 2015 e finalista al premio Andersen 2015 (Sinnos 2014); Mare giallo (Sinnos 2012); Rock sentimentale (El 2011); Piano Forte (Sinnos 2009). Per le Edizioni E/O ha pubblicato Tre, numero imperfetto (tradotto negli Stati Uniti e in Germania); Blanca; Rosso caldo; Ma già prima di giugno (Premio Alghero 2015) e La figlia maschio (2017).

Blanca quindi è un personaggio nato nel 2009, accolto dalla casa editrice e/o nel 2011 e che presto arriverà sul piccolo schermo. È una donna quella nata dall’estro creativo di Patrizia Rinaldi, eccezionale nel suo essere imperfetto.

Come madre adottiva di Ninì, una ragazza con un passato di dolori, Blanca si scopre meno severa e più accomodante. A far vacillare le sue certezze arriva anche Guaio. Un giorno Bianca si trova in tangenziale con Ninì e Sergio e assistono a una scena terribile. Vedono un fagotto lanciato da un camion. All’interno qualcosa di molto piccolo si muove. Si tratta di un cucciolo. Lo prendono con sé, lo salvano dalla morte certa, lo accudiscono anche se moribondo, e Bianca con il piglio ironico che la contraddistingue decide di chiamarlo “Guaio”.

Anche gli altri personaggi che gravitano intorno alla protagonista hanno delle peculiarità interessanti e soprattutto risultano essere umanissimi, fragili, imperfetti, complessi.

Gli omicidi che sconvolgono il territorio e l’amore tradito, tenace, paziente intessono la trama per nulla scontata o banale di un libro dove tutto è incastrato in un mosaico perfetto. Una perfezione che non si traduce nel trionfo del bene ma piuttosto nel desiderio di scavare a fondo nella molteplicità delle emozioni umane. C’è le pagine del volume, una ricerca introspettiva sottile e raffinata narrata con ritmo e scaltrezza lessicale.

 

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