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“Figlie di Brooklyn” di Jacqueline Woodson tradotto in italiano da Tiziana Lo Porto e pubblicato da Edizioni Clichy nella collana Rive Gauche è un romanzo che racconta la storia di una bambina, August, che a otto anni si trasferisce con il padre e il fratello a Brooklyn per cominciare una nuova vita.

“L’anno in cui mia madre ha iniziato a sentire la voce di suo fratello morto Clyde, mio padre ha preso me e mio fratello e da SweetGrove, la terra che avevamo in Tennessee, ci siamo trasferiti a Brooklyn. Era l’estate del 1973 e io avevo otto anni, mio fratello quattro, e nella città rovente ha ricominciato a succhiarsi il pollice, con gli occhi spalancati e spaventati”.

Nel piccolo appartamento di un palazzo i due fratelli affacciati alla finestra guardano la vita scorrere e un giorno vedono Sylvia, Gigi e Angela che camminano insieme con aria divertita.

“Ma guardando passare Sylvia, Angela e Gigi sotto la nostra finestra ho provato qualcosa di profondamente sconosciuto, un desiderio intenso di essere una parte di loro, di intrecciare il mio braccio alle loro braccia e restare così. Per sempre”.

Nel silenzio della sua nuova casa August sogna di poter uscire dalle quattro mura in cui vive e di avere nuove amiche. A distanza di poco tempo il suo desiderio diventa realtà così la vita della protagonista cambia del tutto e la ragazza inizia a vivere nuove esperienze.

August tenta di affrontare la propria giovinezza in maniera spensierata ma ad un certo punto qualcosa si incrina. Quella gaudente felicità condivisa con le amiche nasconde dolori e dispiaceri per ciascuna di loro.

Vent’anni dopo August ripercorre i passi della sua infanzia e adolescenza ricordando il padre che ormai non c’è più.

Alternando passato e presente la storia narrata in maniera brillante da Jacqueline Woodson descrive alcune peculiarità dell’epoca dove i pregiudizi sui neri creavano situazioni intollerabili.

L’amicizia, la famiglia, il razzismo, il ricordo, l’integrazione, l’attesa, l’assenza, la crescita di una bambina che ha vissuto con una “madre fantasma”, la solitudine, la tristezza, “la lenta ferocia della fine dell’infanzia” e la capacità di diventare donna sono le tematiche di un romanzo profondo e commovente narrato con uno stile ammaliante.

“La tristezza e l’estraneità che sentivo erano più profonde di qualunque sentimento avessi mai provato. Avevo undici anni, e l’idea di due cifre identiche, alla mia età, era ancora nuova e spettacolare e mi spezzava il cuore. Probabilmente le ragazze provavano la stessa cosa, potevano capirmi. Dove erano andati i dieci, nove, otto e sette anni? E adesso ci ritrovavamo tutte e quattro insieme, per la prima volta. Devo averlo sentito come un inizio, un’ancora gettata”.

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