“Sul mare” di Giovanna Iorio, La Recherche.it

Paola Bisconti firma la postfazione.

Ci si accosta alla poesia di Giovanna Iorio con delicata attenzione come per non voler sciupare la compostezza dei versi. Una volta letti però sono loro a scuotere noi stessi, la nostra anima si frantuma e i pensieri ruotano vorticosamente. È un’ebbrezza poetica che offre sollievo sebbene gli argomenti scandalizzino attraverso una denuncia decisa, improvvisa e insolita. Niente moine lessicali in “Mare Nostrum”, ma volontà di evidenziare le brutture di una società che ha sempre più bisogno di poesia tanto quanto di giustizia. E molto spesso l’una corrisponde all’altra.

In un equilibrato alternarsi di sfondi paesaggistici di una struggente bellezza senza tempo come la terra arida dove crescono imponenti gli ulivi “ruvidi/alberi primitivi” e la frescura delle onde tumultuose del mare che sa custodire sogni, speranze e delusioni subentrano di tanto in tanto insolite figure umane, le reiette di un mondo accattivito. Schiavi dello sfruttamento più becero di cui l’uomo stesso si macchia come la prostituzione, il caporalato, il commercio di esseri umani sono i protagonisti di una poetica che incanta e disillude. Da un’immobilità secolare ecco che infervora il vulcano che con i suoi zampilli e una lava rovente accende gli animi di chi le sorti intende cambiare perché spronato da spirito titanico e nobile.

Lo stile di Giovanna Iorio è contemporaneo seppur ci siano riferimenti alla letteratura classica e alla mitologia ma questi elementi vengono usati dall’autrice in modo scaltro per scrivere di sentimenti sempre eterni. Sono strofe, quelle della Iorio, che fanno emergere frammenti di realtà umana, di rado conforto o consolazione. Più facilmente esorta ad un moto di ribellione facendo di questo la prospettiva universale dei giusti. L’abilità con la quale emergono elementi, parole e situazioni accattiva bonariamente il lettore che nell’asciuttezza dei versi, brevi e recisi come alberi, sa scorgere l’indignazione verso un’inaccettabile oppressione degli onesti.

Giungono “Di sera le voci, sono preghiere, sospiri nel grano”, si tratta di invocazioni che lasciano sospeso l’interlocutore tra il quotidiano e l’assoluto, due opposti generatori di una poesia che acceca, brucia, stordisce.

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