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Per tentare di illustrare la potenza espressiva del romanzo “Lento all’ira” di Alessandro Romano recentemente pubblicato da Edizioni Esperidi è opportuno che io ricorra alla narrazione di un episodio accaduto non poco tempo fa.

Chi mi segue sa bene in cosa consiste il mio mestiere, scrivere e leggere sono le due principali attività. Ebbene durante un incontro del progetto denominato “Sottofondo letterario” che consiste nel leggere ai pazienti che sostano nelle sale d’attesa degli studi medici ho deciso di portare con me il libro sopra citato insieme ad una ricca selezione di testi.

Circostanze come quelle che si creano durante questo genere di laboratori di lettura sono del tutto anomale in quanto offrire un servizio letterario per giunta in un contesto così insolito non può che lasciare interdetto il soggetto coinvolto. Spesso quindi succede che le persone incontrate non amino la lettura e non abbiano alcun interesse ad ascoltare le mie proposte tuttavia il potere disarmante dei libri riesce a far crollare i pregiudizi che affollano la mente della gente troppo spesso impegnata in altre attività spesso futili e lontane anni luce dalla cultura.

La mia missione può avere un senso se tra le mani ho il libro giusto ossia la storia perfetta tale da attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Se poi la trama è narrata con una scrittura nitida, scevra da cavillosità, favorendo l’esplorazione dei luoghi descritti, conducendoci per strade remote di un tempo passato e solo sognato dagli scrittori e dai poeti allora vuol dire che l’obiettivo è stato raggiunto.

“Lento all’ira” di Alessandro Romano è un esempio concreto di un’esperienza letteraria caratterizzata da un successo notevole in un pubblico composto da non-lettori, da persone che ritengono la lettura superflua se non inutile, da uomini e donne che della storia del giovane archeologo Karydis che si imbatte in Donato Zappo, vero protagonista del romanzo, potrebbero provare il più totale disinteresse e invece accade in un pomeriggio d’autunno che un nutrito gruppo di ascoltatori rimanga incantato da una lettura le cui parole divengono suoni che si alzano enfatici nell’aria e fluttuano nella sala per oltre un’ora durante la quale presento le avventure di Leonida che nella seconda metà dell’Ottocento giunge dalla Grecia nel Salento per scoprire l’antica civiltà messapica.

Accade perfino che tra i presenti ci siano famiglie provenienti da Arnesano e che conoscano la masseria Mater Domini, luogo dove si svolge parte della storia, e ragazzi che hanno studiato la cultura messapica e che ad ogni dettaglio scaturito dal libro provino un appagamento del proprio intelletto tant’è ipnotica e potente la scrittura dell’autore.

L’acribia semantica e il rigore concettuale del romanzo si manifestano nell’eco di una tensione intelligente che risulta essere costante pagina dopo pagina. Il testo autentico e coinvolgente offre con un lessico carismatico dei colpi di scena come il ritrovamento di un vecchio diario che conduce l’archeologo ad una nuova scoperta riguardante il mondo sconosciuto di Donato Zappo.

Con questo libro Alessandro Romano ha ricostruito il passato del Salento donando luce a quei dettagli, resti di tesori che si palesano nelle architetture più preziose ma anche nei ruderi abbandonati. Con la sua scrittura Romano fa rivivere la ricchezza di una terra che ha molto da raccontare e spetta solo a noi metterci in ascolto esattamente com’è accaduto durante il laboratorio di lettura che ho svolto nella sala d’attesa dello studio medico dove il pubblico da semplice ascoltatore è diventato contemplatore di bellezza.

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