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Nel secondo dopoguerra lo scenario europeo si presentava fragile e instabile. Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale avevano segnato gli animi umani e sembrava dileguata ogni speranza di fiducia in un futuro migliore.

Non era semplice risollevarsi dopo la ferocia di un conflitto bellico così cruento eppure c’è chi ha saputo rialzarsi dalle macerie e lo ha fatto partendo dai libri. Non libri qualsiasi, non titoli pubblicati durante gli anni del totalitarismo nazista ma quelli per ragazzi.

Il suo nome è Jella Lepman e la sua storia è stata raccontata in un testo tradotto in italiano da Anna Patrucco Becchi che ne ha curato l’edizione per conto di Sinnos.

“Un ponte di libri” è il titolo del volume, un’autobiografia apparsa per la prima volta nel 1964 nella quale Jella Lepman ha narrato in prima persona il suo impegno nel compiere una vera e propria missione culturale.

Barcamenandosi tra generali burberi e una burocrazia ricca di ostacoli, la pioniera di un attivismo straordinario, ha saputo ricorrere alla creatività e all’impegno per organizzare la prima Mostra Internazionale del libro per bambini. Era il 1946 e partendo dalla Germania, Jella Lepman è stata in grado di far comprendere quanto i libri, le illustrazioni, l’arte, l’incontro tra bambini potessero essere uno strumento potentissimo per ricostruire quello che Hitler e la guerra avevano distrutto.

“Non possiamo permettere che i bambini crescendo diventino di nuovo nazisti e fascisti e quindi dobbiamo dare loro anche del cibo per la mente”

Il libro sapientemente strutturato in maniera tale da seguire fin dagli albori l’opera eccezionale compiuta da Jella Lepman risulta essere ricco di immagini e fotografie che testimoniano l’eccellente operato da lei svolto.

Nell’introduzione a cura di Silvana Sola, Presidente di Ibby Italia, leggiamo: “Sì, Jella ha costruito ponti, ha chiamato i grandi del mondo a contribuire alla realizzazione di un’idea, ha convinto politici forse reticenti dell’importanza di affrontare l’emergenza con un altro sguardo, ha dato un senso alla parola rete”. Così come nella prefazione di Christiane Raabe, Direttrice della International Judendbibliothek, apprendiamo “La Internationale Judendbibliothek divenne un luogo in cui regnava la libertà, dove i bambini e i ragazzi avevano diritti e potevano dire la loro, dove si leggeva, dipingeva, recitava, giocava e discuteva”.

E ancora interessante è un passaggio nella nota introduttiva di Wally De Doncker, Presidente dell’International Board on Books for young people dal 2014 al 2018: “Jella Lepman si rese conto che il nazismo usava la letteratura per l’infanzia per fare il lavaggio del cervello alle nuove generazioni, assicurandosi che tutti i libri fossero in linea con l’ideologia nazista”. Altrettanto importante è menzionare una citazione tratta dalla nota della curatrice, Anna Patrucco Becchi: “Jella Lepman scrisse questi ricordi al tramonto della sua vita. […] ha uno stile molto vivace e ironico e in esso si riconosce la penna dell’esperta giornalista, capace di incantare con le sue descrizioni sempre vivide“.

L’augurio dell’editore, Della Passerelli, è meritevole di attenzione: “È cosa non banale formarsi e informarsi per offrire libri e lettura alle nuove generazioni: abbiamo un estremo bisogno, in un momento storico complesso e complicato come quello che stiamo vivendo, di “cervelli che leggono””.

Dagli scritti emerge l’ironia di Jella Lepman nell’affrontare le titubanze di quanti venivano a conoscenza di un’iniziativa bizzarra ma impregnata di principi solidissimi quale il recupero della bellezza, l’elegia di una grafica intesa come lingua universale, la sapienza delle storie apparentemente semplici ma che sanno svelare universi vastissimi dove risiedono i sentimenti di tutti.

“Erano ammessi anche ex nazisti? Chiunque desiderasse venire, avrebbe trovato la porta aperta”

Sulla base di queste convinzioni, con tenacia la donna che Sinnos ricorda oggi con una pregiata pubblicazione ha costruito forti e solidi ponti di libri realizzando in più parti del mondo le apprezzatissime mostre di albi illustrati. La prima contava un’esposizione di circa 4.000 libri ricevuti tramite l’appello internazionale da lei inviato provenienti da 20 diverse Nazioni; ha dato vita a quello che oggi è uno dei riconoscimenti più prestigiosi e ambiti nel settore dell’editoria per ragazzi, il Nobel alla letteratura e all’illustrazione per l’infanzia, l’ormai noto Premio Hans Christian Andersen;  ha organizzato delle conferenze per riunire gli operatori di tutti i paesi interessati al progetto intavolando interessanti discussioni sui libri per bambini, il loro ruolo, la possibilità di diffondere e promuovere la conoscenza di questi preziosi strumenti nelle zone più disagiate; ha dato vita a una biblioteca mobile e a una serie di mostre che avevano come opere d’arte i disegni realizzati dai bambini e soprattutto ha creato la più grande Biblioteca per ragazzi del mondo, la Jugendbibliothek di Monaco e ha dato vita a IBBY – International Board on Books for Young People, la principale istituzione internazionale dedicata allo studio e alla promozione della letteratura per bambini e ragazzi.

A Lampedusa, la casa editrice Sinnos, portavoce in Italia dell’impegno di Jella Lepman, ha fondato una biblioteca aderendo al progetto IBBY creando un luogo vissuto come punto di ritrovo, crescita, confronto per i bambini migranti che in quest’isola vengono accolti.

Ribadendo così l’importanza della conoscenza tra i popoli; attuando la nascita di un linguaggio nuovo custodito nei libri; favorendo l’intesa internazionale attraverso il potere salvifico della cultura; avviando la ricostruzione di un’identità senza l’annientamento dello straniero; incrementando la condivisione del valore secondo cui la cultura è l’unico valido passaporto universale; instillando il desiderio di trovare alternative alle guerre che producono solo morte e dolore.

“Il libro incomprensibile miscuglio di idiomi sembrava una sorta di esperanto infantile. Questi libri erano degli educatori invisibili, degli ambasciatori segreti delle proprie nazioni”

Donna, ebrea, acculturata, intraprendente, Jella Lepman ha saputo accendere una nuova fiamma nei cuori dei bambini anche e soprattutto di coloro rimasti orfani o che avevano vissuto il trauma dei campi di concentramento e che erano riusciti a sopravvivere.

“Avevano visto impiccagioni, fucilazioni, omicidi, rapine e delitti della peggiore specie, nulla era stato loro risparmiato. E nonostante ciò, i loro occhi erano rimasti occhi di bambini. Questa era la cosa meravigliosa, di cui si stentava a capacitarsene”

Ravviva una fiamma che non è come i roghi compiuti nelle piazze dai nazisti, colpevoli fra le altre nefandezze di aver distrutto centinaia di libri. Le parole ardevano perché lette da coloro che rivolevano la libertà, rivendicavano i propri diritti, contestavano l’abolizione di ogni forma di democrazia.

Bruciano le parole quando si pronunciano con gli animi impetuosi di chi come Jella Lepman ha saputo appiccare l’entusiasmo verso la vita.

“I libri per bambini di tutto il mondo sarebbero entrati in questo tempio pagano e i loro spiriti buoni avrebbero scacciato quelli cattivi!”

L’organizzazione mondiale da lei creata è stata un’operazione lungimirante e vincente che andrebbe ricordata ancora oggi constatando l’aumento delle correnti razziste e xenofobe che fomentano odio e violenza.

La stessa Jella Lepman è stata vittima delle leggi razziali perché in quanto ebrea dovette fuggire da Londra dove lavorava come giornalista della BBC per poi finita la guerra accettare l’incarico da parte della Forza d’occupazione americana come “Special Adviser for Women’s and Youth Affairs” ossia ri-educatrice delle donne e dei bambini tedeschi.

“Fateci cominciare dai bambini per rimettere pian piano in sesto questo mondo completamente sottosopra. Saranno i bambini ad indicare agli adulti la via da percorrere”

La Germania in quel periodo era distrutta, le città erano completamente bombardate. C’erano delle priorità come occuparsi di sfamare le persone e garantire un luogo caldo e accogliente dove potessero vivere eppure a Jella Lepman le fu chiesto di occuparsi di cultura e lei comprese come la lettura potesse nutrire, consolare, incoraggiare.

“Ero straniera tra stranieri, ma il mio cuore non provava odio, bensì compassione. Non compassione per i singoli individui, che la meritavano soltanto in parte, bensì per la natura umana in generale, che nella sua limitatezza permetteva che accadessero cose del genere”

Instancabile e con una personalità di grande empatia, Jella Lepman ha coltivato delle amicizie con personaggi del calibro di Eleanor Roosvelt, la vedova del presidente statunitense, che ha condiviso e sostenuto il suo ambizioso progetto e si è relazionata con importanti scrittori dell’epoca oltre che aver interagito costantemente con i bambini di ogni parte del mondo. Erano in molti ad asseverare il profondo impegno di Jella Lepman e oggi spetta a noi mantenere vivo il suo straordinario lavoro.

“I bambini non hanno colpa di questa guerra, pertanto i libri saranno i primi messaggeri di pace!”

 

 

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