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Sulla base di un solido impianto narrativo si sviluppa la storia narrata da Maria Caterina Basile in “Nostalgia di cartapesta”. Pubblicato nella collana “Frecce” della casa editrice Augh!, il testo offre una lettura scorrevole con molteplici spunti di riflessione.

Partendo dal concetto di omologazione scardinato dalle scelte di vita del tutto inusuali compiute dal protagonista Salvatore, la storia si snoda sulle vicende di un giovane uomo che ripercorre il suo passato e sembra non avere alcuna ambizione o prospettiva per il suo futuro.

“Non mi sono sposato, non ho continuato gli studi, non ho lottato per farmi una posizione: mi sono semplicemente adagiato sul cammino dell’esistenza. […] Ho voluto fermarmi, abbandonarmi alla quiete, alla lentezza, rifugiandomi in quello che di bello resta del passato”

Con una scrittura autentica, fluida, priva di orpelli l’autrice ritorna sulla scena editoriale con un lavoro audace e introspettivo.

“Ci sono momenti, nella vita, in cui tutta l’ottusità dei nostri simili si presenta a noi nella forma più assurda e volgare che esista, momenti che rendono difficile, se non impossibile, credere alla bellezza e all’intelligenza degli esseri umani”

Attraverso le vicende di Salvatore, il lettore può interrogarsi su quanto i giudizi altrui influiscano e condizionino le nostre scelte, su come le avversità possano abbatterci a tal punto da non riuscire a trovare alternative. Spiragli di fiducia illuminano le pagine dense di passaggi poetici mirabili.

“Rinascere è possibile, è il compimento dei nostri sforzi divini il trionfo dell’amore perché si è stanchi di sentirsi soffocare dal fango delle menzogne delle disillusioni e si vuole nuotare liberi in un mare cristallino”

Volti familiari, alcuni cari, altri da dimenticare; presenze amiche, altre da rimuovere; fragilità, errori, sensi di colpa, inadeguatezza. Salvatore si affida ai ricordi e torna con la memoria nella campagna di Galugnano, piccola frazione del Salento, per poi giungere nel centro storico di Lecce. Il paese natio a lui caro e la città che gli offre riparo dal tramestio dei giorni fanno da sfondo a una trama che sorprende per intensità, capacità di emozionare e coinvolgere.

“Galugnano, paese di fiaba simile a tutti i paesi del Sud, ombre di muri alberi comignoli lampioni, quiete solenne e l’odore dei vecchi seduti in piazza, l’odore del nonno, di sapone duro, di meticolosa igiene di vite passate, vortici di nostalgia d’infanzia”

Particolare rilievo è dato al valore terapeutico dell’arte, in questo caso si fa riferimento alla lavorazione artigianale della cartapesta. Quando Salvatore sceglie di allontanarsi dal nucleo familiare troppo ferito e frammentato, dove il fratello è caduto nel tunnel della tossicodipendenza, la madre nel baratro della depressione e un padre sempre assente, il ragazzo trova rifugio nella bottega dello zio che lo accoglie come un figlio e insieme condividono la stessa casa, la medesima quotidianità fatta di lavoro, creatività, dedizione.

“Ricordo la prima volta che entrai nella sua bottega, da bambino, avrò avuto sette o otto anni. […] L’invisibile aveva preso vita dalla paglia, dallo spago, dalla carta: i sogni dovevano essere tutti lì”

E quando il mestiere dello zio Enzo diviene anche il suo, Salvatore è consapevole che con la maestria di un’arte antica e sapiente “Le mani costruiscono anime”.

Sembra non avere desiderio alcuno il protagonista di “Nostalgia di cartapesta” in realtà il giovane brama nell’avere un po’ di serenità che giunge inaspettata. Il ragazzo non ambisce alla ricchezza, al successo, ad avere una posizione sociale ma semplicemente e straordinariamente Salvatore vuole per sé la felicità donata dalle cose semplici certo del fatto che “Abbiamo il dovere di essere felici”.

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