Lunedì 27 gennaio 2020 presso il Palazzo Baronale di Monteroni di Lecce nell’ambito della rassegna “Incontri d’autore” è stato presentato il progetto “Libri che bruciano, Bibliteche che nascono”.

Qui di seguito l’intervento della curatrice Paola Bisconti:

La Giornata della Memoria è una delle occasioni più importanti per riflettere sulla necessità di mantenere vivo il ricordo di alcune delle pagine più buie della Storia. L’Olocausto, la Shoa ci ricordano fino a che punto l’essere umano sia giunto a disumanizzare un suo simile.

Sono molteplici le iniziative organizzate per celebrare la circostanza, noi, il Comune di Monteroni e l’amica bibliotecaria Donatella Carrozzini abbiamo pensato di proporre alla comunità una mostra di libri censurati. Potrebbe apparire poco attinente alla tematica eppure come leggiamo in una pagina de “Il libro del riso e dell’oblio”, Milan Kundera scrive:

“Per liquidare i popoli si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E, intorno, il mondo lo dimentica ancora più in fretta”.

Certi del ruolo cruciale della cultura vogliamo ricordare ciò che è stato attraverso i libri.

Celebre è l’episodio avvenuto nella notte del 10 Maggio 1933, quando Berlino fu illuminata dal rogo dei libri. Più di 20.000 volumi furono gettati dentro un unico falò. Quel rogo non fu organizzato dal governo di Hitler, bensì dagli studenti tedeschi che erano particolarmente infervorati dalla propaganda del nazismo. Gli studenti dell’Università di Berlino passarono settimane a compilare liste di scrittori e libri ‘non tedeschi’, perlustrarono poi biblioteche pubbliche e private alla ricerca dei volumi incriminati per poi trasportare i libri con camion e carri in una piazza della capitale, su cui si affacciavano l’Università di Berlino e il Teatro dell’Opera di Stato. Là diedero fuoco ai cosiddetti ‘libri decadenti’.

Il governo approvò entusiasticamente il rogo e nelle settimane seguenti, i roghi dei libri apparvero in centinaia di altre città tedesche.

Tra i libri distrutti vi furono le opere di alcuni dei maggiori pensatori, scrittori ed intellettuali del tempo: Bertolt Brecht, Thomas Mann, Hannah Arendt, Edith Stein, Max Weber, Erich Fromm, i pittori Paul Klee, Wassili Kandinsky e Piet Mondrian, gli scienziati Albert Einstein e Sigmund Freud.

Durante il rogo, Joseph Goebbels, politico e scrittore tedesco, tenne un violento discorso contro la cosiddetta “cultura degenerata”:

“Studenti, uomini e donne tedesche, l’era dell’esagerato intellettualismo ebraico è giunto alla fine. Il trionfo della rivoluzione tedesca ha chiarito quale sia la strada della Germania e il futuro uomo tedesco non sarà un uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere ed è in tale prospettiva e con tale scopo che vogliamo educarvi. Vogliamo educare i giovani ad avere il coraggio di guardare direttamente gli occhi impietosi della vita. Vogliamo educare i giovani a ripudiare la paura della morte allo scopo di condurli a rispettare la morte. Questa è la missione del giovane e pertanto fate bene, in quest’ora solenne, a gettare nelle fiamme la spazzatura intellettuale del passato”.

Chi brucia i libri ha terrore del passato, della storia. È insidiato dal sospetto che la cultura che sta distruggendo possa rigenerarsi; vuole cancellarne ogni traccia in modo che non possa più seguirle per rifare il suo percorso, sbriciolarne ogni seme perché non possa riprodursi. Ogni impositore ha paura della bellezza: il fascino, la grazia, l’armonia, la perfezione, lo splendore, lo disorientano, lo frastornano. Di quella parola che cova sotto la cenere l’impositore ha paura.

Ma c’è qualcosa che più di tutto spaventa colui che detiene il potere. Il dittatore, il tiranno, il despota, l’oppressore teme più di qualsiasi cosa la libertà del singolo individuo. E noi siamo consapevoli che la pace può esistere solo attraverso la libertà. La democrazia come forma di governo repubblicano è la condizione perfetta per una libertà effettiva. Tuttavia pace, libertà e democrazia stessa derivano da un altro valore altissimo: la verità.

Viene da chiedersi allora quale sia “lo spazio della verità”. La verità risiede lì dove si fa esercizio della ragione eppure dinanzi alla violenza qualcosa vacilla ed è fondamentale ripensare all’umano e per farlo occorre esercitare il pensiero. La verità non sta in prima istanza nel contenuto ma nel modo di pensare della ragione. Se l’anima è affetta da cecità e lo spirito da sordità, la verità si estinguerà.

E per fare in modo che questo non accada ciascuno di noi deve avere davanti agli occhi ciò che è stato fatto, ai giovani dev’essere mostrato ciò che è accaduto, i genitori non possono proteggere i propri figli dalla conoscenza degli orrori perché solo tramite la verità l’educazione impedisce di dimenticare.

Ma chi o cosa custodisce la verità e la preserva dallo scorrere del tempo?

I libri.

E quando questi vengono distrutti, bruciati, decade la tutela della libertà.

Ciò che ha compiuto il nazismo è la riproduzione di quanto è accaduto in molte epoche storiche.

Pensiamo a quando nel 1480 i turchi distrussero l’abbazia di San Nicola di Casole, a Otranto, e con essa la biblioteca la più antica biblioteca d’Occidente o alla distruzione della biblioteca di Alessandria d’Egitto, nel 48 a. C. ad opera di Giulio Cesare responsabile dell’abbattimento del monumento del sapere più importante dell’antichità, un luogo che custodiva tutto il sapere, scientifico e letterario, dell’epoca antica.

Anche l’Italia annovera episodi simili come quello conosciuto come Falò delle Vanità che ebbe luogo a Firenze nel 1497 durante il quale per volere di Girolamo Savonarola furono bruciati libri e opere artistiche di considerevole valore, ritenute materiale immorale.

È da menzionare anche quello che avvenne nel 1961 e si consumò nel cortile della procura di Varese dove furono condannate per oscenità dei racconti del marchese de Sade.

Come non ricordare quanto accadde in Cile dopo il colpo di Stato dell’11 settembre del 1973 quando i militari cileni sequestrarono e bruciarono migliaia di libri sotto l’ordine del dittatore Augusto Pinochet.

Risale al 1992 l’incendio su Vijećnica, la biblioteca nazionale simbolo della ricchezza culturale della città e di tutta la Jugoslavia fu bersagliata dai cannoni per tre intere giornate. I coraggiosi bibliotecari e i volontari formarono una catena umana per tentare di salvare i libri. La giovane bibliotecaria Aida Buturović perse la vita in quell’occasione.  L’immagine simbolo della distruzione di Vijećnica è quella con il violoncellista Vedran Samjlović che sfidò i barbari suonando nella biblioteca distrutta.  Dopo anni di restauro, la biblioteca è stata riaperta il 9 Maggio 2014.

Ma se focalizziamo l’attenzione su episodi più recenti torna alla memoria il cosiddetto la distruzione della Biblioteca di Timbuctu contenenti centinaia di manoscritti e testi di astronomia, diritto, filosofia, matematica, che è stata colpita nel 2012 dai mujahidin del nord, durante l’occupazione del Mali che hanno dato alle fiamme i vari libri qui custoditi, opere uniche, originali, la maggior parte delle quali ancora non digitalizzate, quindi perse per sempre.

Nel 2015 l’Isis ha bruciato circa 2000 libri poiché non considerati “islamicamente corretti”. Fra di essi si trovavano testi per bambini, testi di diritto, libri di poesie, filosofia, salute, scienza e tanto altro prelevati dalla grande biblioteca di Mosul, dalla biblioteca dell’università, dalla Biblioteca musulmana sunnita, dalla biblioteca della Chiesa Latina e dal Convento dei Padri Domenicani, tra i quali vi erano scritti risalenti a migliaia di anni fa.

Concludiamo questo breve excursus storico citando il governo turco del presidente Erdoğan che negli ultimi tre anni ha fatto distruggere più di 300.000 libri inoltre varie associazioni che si occupano di diritti umani e libertà di stampa hanno denunciato la chiusura di almeno 29 case editrici, giornali e l’arresto di giornalisti e intellettuali.

Non si può dimenticare ciò che avvenne in Italia nel 2015 esattamente in un comune in provincia di Venezia dove il sindaco ha messo all’indice dei libri per bambini ritenuti pericolosi in quanto portatori di una cultura gender. O ancora quando nel 1951 viene discussa alla Camera una legge per “moralizzare” la stampa per ragazzi.  Nilde Jotti sferra una requisitoria contro i testi di Gianni Rodari. Lo stesso Togliatti appoggerà Nilde Jotti con la richiesta di far diventare quei racconti delle storie educative.  Non solo. In quegli stessi anni Gianni Rodari venne scomunicato dal Vaticano che lo definì “un ex-seminarista cristiano diventato diabolico”.  L’episodio diede luogo a un gesto ancora più grave: molti dei suoi libri vennero bruciati sul sagrato di alcune chiese.

Possiamo quindi dire che ogni totalitarismo ma anche dei governi camuffati da una finta democrazia abbiano manifestato la propria autorità attraverso il gesto eclatante del rogo dei libri e la limitazione della diffusione del sapere, ecco allora che la mostra dei libri censurati qui allestita altro non è che un’occasione pe ribadire il diritto alla lettura e come la letteratura eserciti un ruolo di difesa dalla demagogia e dagli estremismi.

È opportuno costruire una cultura del libro per garantire la nascita di lettori solidi, a lungo termine.

Dovremmo impegnarci a dare vita alla “repubblica universale dell’umanità”.

A riconoscere il loro grande potere e a ripartire dai libri c’è una figura nella storia del dopoguerra che emerge in tutto il suo splendore. Lei è Jella Lepman, ebrea tedesca, giornalista e scrittrice.

Lepman notò come le persone avessero fame di libri, soprattutto di quei libri provenienti dal mondo libero che per dodici anni in Germania erano stati proibiti.

Nel secondo dopoguerra lo scenario europeo si presentava fragile e instabile. Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale avevano segnato gli animi umani e sembrava dileguata ogni speranza di fiducia in un futuro migliore.

Non era semplice risollevarsi dopo la ferocia di un conflitto bellico così cruento eppure c’è chi ha saputo rialzarsi dalle macerie e lo ha fatto partendo dai libri.

Non libri qualsiasi, non titoli pubblicati durante gli anni del totalitarismo nazista ma quelli per ragazzi.

Barcamenandosi tra generali burberi e una burocrazia ricca di ostacoli, la pioniera di un attivismo straordinario, ha saputo ricorrere alla creatività e all’impegno per organizzare la prima Mostra Internazionale del libro per bambini.

La prima contava un’esposizione di circa 4.000 libri ricevuti tramite l’appello internazionale da lei inviato provenienti da 20 diverse Nazioni.

Jella Leoman ha dato vita a quello che oggi è uno dei riconoscimenti più prestigiosi e ambiti nel settore dell’editoria per ragazzi, il Nobel alla letteratura e all’illustrazione per l’infanzia, l’ormai noto Premio Hans Christian Andersen;  ha inoltre organizzato delle conferenze per riunire gli operatori di tutti i paesi interessati al progetto intavolando interessanti discussioni sui libri per bambini, il loro ruolo, la possibilità di diffondere e promuovere la conoscenza di questi preziosi strumenti nelle zone più disagiate; ha dato vita a una biblioteca mobile e a una serie di mostre che avevano come opere d’arte i disegni realizzati dai bambini e soprattutto ha creato a Monaco la più grande Biblioteca per ragazzi del mondo e ha dato vita a IBBY, la principale istituzione internazionale dedicata allo studio e alla promozione della letteratura per bambini e ragazzi.

A Lampedusa, la casa editrice Sinnos, portavoce in Italia dell’impegno di Jella Lepman, ha fondato una biblioteca aderendo al progetto IBBY creando un luogo vissuto come punto di ritrovo, crescita, confronto per i bambini migranti che in quest’isola vengono accolti.

Ribadendo così l’importanza della conoscenza tra i popoli; attuando la nascita di un linguaggio nuovo custodito nei libri; favorendo l’intesa internazionale attraverso il potere salvifico della cultura; avviando la ricostruzione di un’identità senza l’annientamento dello straniero; incrementando la condivisione del valore secondo cui la cultura è l’unico valido passaporto universale; instillando il desiderio di trovare alternative alle guerre che producono solo morte e dolore proponiamo il progetto “Libri che bruciano, Biblioteche che nascono” per ricordare, per fare Memoria.

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