Una delle virtù di Yvan Sagnet, giovane camerunense, che ha guidato le proteste dei braccianti agricoli stranieri nelle campagne del Salento, è la dignità. Grazie a questa forza interiore così radicata Yvan ha portato avanti una battaglia come mai nessuno fino ad ora aveva fatto. Un’esperienza raccontata nel libro “Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso”, edito da Fandango Libri. E nonostante le avversità che ha dovuto affrontare in seguito alle clamorose manifestazioni di protesta, il “Mandela dei braccianti”, come è stato definito, continua ad avere sogni e speranze, proprio come quando nel 2008 raggiunge per la prima volta l’Italia.

Grazie ad una borsa di studio, Yvan si iscrive alla facoltà di ingegneria delle telecomunicazioni presso l’università di Torino, ma per pagare l’affitto e le rette universitarie è costretto a lavorare. Alcuni amici gli riferiscono che nelle campagne del sud cercano nella stagione estiva dei manovali per la raccolta dei pomodori: Yvan decide di partire, non ha paura della fatica, non si lascia intimorire dallo sforzo che richiederà lavorare sotto il sole cocente. Tuttavia la realtà che lo accoglie supera ogni immaginazione, perché l’impiego si rivela un vero e proprio sfruttamento: decine di stranieri come lui vivono accampati nella masseria Boncuri di Nardò senza acqua e corrente elettrica, ogni giorno all’alba salgono su un camion che li accompagna nei campi dove li attende un caporale, un uomo senza scrupoli che non soccorre chi sviene per la stanchezza oppure se deve accompagnare qualcuno in ospedale si fa pagare il trasporto. I lavoratori raccolgono tre quintali al giorno per guadagnare solo 3,5 euro…

Mentre solitamente i ragazzi raccolgono i pomodori scuotendo le piantine, ad un certo unto succede che ai caporali questo metodo non va più bene, perché i frutti da vendere nei supermercati servono per le insalate e quindi non bisogna “ammaccarli”. La discussione si accende quando i lavoratori chiedono un aumento di stipendio per fare una raccolta più scrupolosa, ma i caporali non accettano e così i braccianti si rifiutano di lavorare. Il leader della protesta è proprio Yvan Sagnet, che conoscendo la lingua italiana diventa portavoce del gruppo composto da tunisini, senegalesi, ivoriani, somali, etiopi e tanti altri. Il giovane eroe scopre che nessuno di loro ha un contratto come invece gli hanno fatto credere i caporali e intuisce che dietro a quello sfruttamento di esseri umani ci sono molti interessi della criminalità organizzata pugliese. Così, insieme ad altri 7 ragazzi, Yvan denuncia i responsabili delle speculazioni. L’inchiesta si conclude con l’operazione Sabr del maggio che vede l’arresto di 16 persone tra cui caporali e imprenditori.

Da allora però la vita di Yvan è in serio pericolo. Alcune inchieste giornaliste, infatti, hanno svelato l’esistenza di un piano che prevede la sua uccisione.

Riporto qui di seguito l’intervista che ho avuto l’onore di fare ad Yvan Sagnet.

Con la sua protesta è riuscito a fare quello che solo pochi italiani hanno avuto il coraggio di tentare. Ha intuito fin da subito a cosa sarebbe andato incontro o solo in un secondo momento ha percepito il pericolo di schierarsi contro un sistema mafioso così fortemente radicato nel territorio italiano?

Inizialmente io non ero al corrente di quali interessi si potessero nascondere sui guadagni del nostro lavoro, non avrei mai potuto immaginare che si trattasse di criminalità organizzata. Una volta entrato nel sistema ho intuito dei rapporti che c’erano fra gli imprenditori e la mafia. Noi braccianti eravamo talmente sfruttati che abbiamo sentito il dovere di reagire e ribellarci.

La battaglia che ha intrapreso a Nardò l’ha resa un vero eroe, ma ora lei sta pagando il suo coraggio con la paura costante di essere vittima di chi la sta minacciando di morte. Dove trova il coraggio per proseguire nel suo impegno e chi lo sostiene in questa difficile e rischiosa impresa?

Quando qualcuno inizia una battaglia è in qualche modo consapevole dei rischi a cui va incontro perché si sa che c’è sempre un prezzo da pagare… e io lo sto pagando. Per ora non ho nessun tipo di tutela, ma mi auguro fortemente che le autorità o qualcuno di competenza possa avvertire l’urgenza di offrirmi una forma di protezione.

Roberto Saviano, durante la trasmissione condotta da Fabio Fazio “Che tempo che fa”, l’ha candidata come futuro sindaco di Castel Volturno suscitando una serie di polemiche, anche fortemente razziste, nei confronti del noto giornalista campano. Cosa pensa della vicenda?

Penso che sia stata una forte provocazione ma io ribadisco che sono arrivato in Italia per diventare un ingegnere, non ho intenzione di fare politica. I fascisti purtroppo ci sono sempre stati e sono pronti ad attaccare, ma non mi sento intimorito dalle loro offese.

Uno dei suoi sogni è che i figli di stranieri nati in Italia possano ottenere la cittadinanza italiana, ma le scelte fortemente razziste da parte di alcuni leader politici sembra non lasciare speranze… Secondo lei non occorre una vera rivoluzione culturale perché queste battaglie abbiano successo?

L’Italia è ancora molto arretrata sulla questione. Tutti gli altri Paesi stanno facendo il possibile per integrare i figli di persone straniere. Sono state approvate delle riforme che favoriscono l’inserimento come sta accadendo in Francia, Germania, Inghilterra e anche negli Stati Uniti. Affinchè si ottenga questo diritto occorre la consapevolezza da parte di tutta la popolazione oltre che della classe politica. Se tutti contribuiscono sarà più facile lottare insieme per gli stessi obiettivi. È importante capire che gli stranieri ci sono ovunque, anche negli Stati più poveri dell’Africa e ci saranno sempre. La nostra presenza deve rappresentare la forza di un Paese, non la debolezza.

 

L’articolo è stato pubblicato su La Perfetta Letizia nel 2012 a firma di Paola Bisconti.