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Corre l’anno 1902 e a Firenze Angelica e Giacomo coltivano il loro sogno: diventare medici, sposarsi e avviare uno studio medico per curare i più poveri. Il padre di Angelica, stimato veterinario, contabile e amico di Gabriele D’Annunzio è incaricato di occuparsi dei numerosi cavalli e levrieri del poeta. Così durante i mesi estivi l’uomo si traferisce nella dimora di D’Annunzio, la villa di Capponcina, insieme alla figlia che si allontana per un breve periodo dal fidanzato. “Quel luogo aveva in sé una sorta d’incantesimo che le mostrava il lato nascosto delle cose, degli alberi, dei pensieri”.

In città Giacomo sente di avere un dovere molto importante: quello di offrire aiuto e sostegno a chi sta combattendo una battaglia in difesa dei propri diritti. Gli operai infatti organizzano degli scioperi alcuni molto violenti e il giovane medico si adopera in Ospedale per aiutare i feriti. Assorbito dai giorni cruenti Giacomo non riesce a soffermarsi su alcuni aspetti della vita che ispirano i grandi poeti.

Nella tenuta di Settignano colma di fiori e piante, scrigno di pace e serenità, lì dove “c’era una calma intatta nell’aria, che lasciava scorrere liberi i pensieri”, il Vate trae ispirazione per comporre l’opera “Alcyone” pubblicata nel 1903. Qui Angelica scopre un nuovo mondo così lontano e diverso da quello abitato da lei tale da provocarle un cambiamento al quale la giovane non sa dare spiegazione logica.

Il soggiorno diventa occasione per conoscere l’attrice Eleonora Duse, la Musa che più di tutte ha ispirato il poeta D’Annunzio. “La donna aveva gesti ampi, solenni, di un’eleganza timorosa e trattenuta”.

Accade che in questo luogo edenico Angelica non riesce a trovare la giusta concentrazione per studiare i tomi di medicina come aveva promesso a Giacomo ma preferisce lasciarsi travolgere dal fascino delle opere di D’Annunzio. “Il piacere”, “Il fuoco” e altri componimenti intrisi di descrizioni sensuali ammaliano la giovane Angelica che sembra cedere alla vanitas dannunziana. “Era proprio soltanto la sua presenza che metteva tutto in moto, come se un fluido irradiasse dal suo essere”. Un episodio però sconvolge la placida tranquillità e tutto viene stravolto.

Alessandra Burzacchini autrice del romanzo “Sulle tamerici salmastre” pubblicato da Edizioni Artestampa coinvolge il lettore in un’ambientazione elegante come lo era nel periodo della belle èpoque raccontando due storie parallele che si incrociano: il rapporto tormentato tra Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse sebbene accomunato dalla passione verso l’arte, e la relazione fragile tra Angelica, donna determinata, e Giacomo, altruista e generoso ma soprattutto realista e concreto. Un uomo che “faticava a parlare la lingua delle carezze”.

È sulle pagine di questo raffinato testo alimentato da una passione argomentativa, che è proiettata una policromia di personaggi tale da renderlo appassionante. Lo stile narrativo ha con sé una poeticità morale che in alcune pagine provoca una vertigine di sensi come quando ci si lascia stordire dal profumo dei fiori. Le velleità letterarie dell’autrice ricorrono ad un lessico vellutato che consente al lettore di contemplare la bellezza dell’opera, autentica e ipnotica. Il romanzo “Sulle tamerici salmastre” è la fioritura di due storie d’amore abbaglianti e potenti.

Dettagli

In copertina vi è un’opera di Albano Lugli intitolata “Giardino di villa Benassi a Santa Croce”.

Molto interessante è la  frase che si legge a termine del romanzo: “Possa un giorno, dopo aver ceduto agli uomini il suo carico di conoscenza, ritornare alla terra e diventare un nuovo albero”.

 

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